L'avvento dell'Intelligenza Artificiale (IA) ha portato con sé un'enorme rivoluzione tecnologica che ha reso possibile l'automazione di compiti complessi, la creazione di algoritmi di apprendimento automatico e il progresso in molti settori. Tuttavia, il rapido sviluppo dell'IA e la sua crescente capacità di sostituire l'essere umano in diversi contesti sollevano importanti questioni etiche e filosofiche riguardanti la natura stessa dell'umanità e il nostro rapporto con la tecnologia.
Una delle implicazioni etiche più evidenti dell'IA riguarda il futuro del lavoro umano. Di recente anche il presidente del consiglio Meloni ha sollevato la questione etico sociale che un uso accelerato di strumenti di AI possa tramutarsi in un rischio.
Non sono poche le reazioni preoccupate e anche tra chi ha avuto modo di seguire da vicino il processo di sviluppo delle reti neurali artificiali alla base delle più complesse intelligenze artificiali si sono fatti strada molti dubbi etici ed una sorta sindrome di Pandora nel prevedere un futuro sempre più cyberpunk e ostile per l’essere umano ha preso piede anche tra le menti che hanno lavorato a contatto con le ultime tecnologie che hanno rivoluzionato il mondo durante il 2023.

In un’intervista a Wired, Geoffey Hinton, un massimo esperto in AI e contributore allo sviluppo delle principali reti neurali artificiali ha posto un monito sull’utilizzo e l’evoluzione di questi sistemi:
Hinton confessa che l'intelligenza artificiale sta avanzando più rapidamente di quanto lui e altri esperti si aspettassero, ed è urgente fare in modo che l'umanità possa contenerla e gestirla. È preoccupato soprattutto per i rischi a breve termine, come le nuove campagne di disinformazione generate dall'Ai, ma è anche convinto che vista la gravità dei possibili problemi a lungo termine, dobbiamo iniziare a preoccuparci ora della questione.

Mentre l'IA diventa sempre più sofisticata, molte occupazioni umane sono a rischio di essere automatizzate. Questo solleva domande su come la società debba affrontare il cambiamento nel mondo del lavoro e come garantire che l'automazione non porti a disuguaglianze e disoccupazione di massa. Il filosofo Jeremy Rifkin, nel suo libro "The End of Work: The Decline of the Global Labor Force and the Dawn of the Post-Market Era", esplora queste preoccupazioni e sottolinea la necessità di una riconsiderazione del sistema economico.

Ma se l’economia per molti versi ripiega su se stessa in un sistema avvitato nella ormai filiera sovraccarica di processi e sprechi odierni, l’AI appare come la tanto sperata innovazione, la frontiera futuristica tanto anelata e immaginata (ormai da un secolo) giungendo a risolvere ogni problema con un click. Salvifica da un lato preoccupante dall’altro, con una doppia veste terribile e magnifica che moltiplica timori e lati oscuri ogni qual volta che si tenti di ridimensionarli, proprio come le teste di un’idra infausta.

L’umanità seguendo l'allarmismo di social e stampa pare trovarsi di fronte ad monito da thriller e l’intelligenza artificiale sembra suggerire sottovoce “attento a ciò che desideri”.

Eppure la tanto desiderata soluzione artificiale è stata molte volte descritta dettagliatamente in romanzi, illustrazioni, film e saggi proprio come un prompt perfetto, che nei minimi termini ha cercato di pianificare ogni sfumatura di ciò che stiamo proprio ora sperimentando.

Nonostante ciò l’uomo, ora, non è pronto ad un punto di svolta tecnologico e per questo si preoccupa. Forse proprio la sua stessa intinseca matrice fallibile e non perfetta che ha generato l’IA è alla base di questo approccio angosciato e sfiduciato ad un nuovo mondo, come in uno specchio autoriflettente che rende temibili i propri limiti e difetti.

E così l’autonomia di un sistema arificiale simile a quello umano, rende tutto meno prevedibile e il grado di indiendenza concesso all'IA ci pone la domanda se le macchine debbano essere in grado di prendere decisioni autonome in situazioni critiche. Il filosofo Nick Bostrom, nell'opera "Superintelligence: Paths, Dangers, Strategies", sottolinea i rischi connessi all'IA superintelligente e la necessità di definire rigorose linee guida etiche per garantire il controllo umano sull'IA avanzata.

L'IA è creata dagli esseri umani e può riflettere i pregiudizi e le inclinazioni dei suoi creatori. Emergono quindi questioni etiche riguardo all'etica nella progettazione e nello sviluppo dell'IA. Kate Crawford e Ryan Calo, in un articolo intitolato "There is a Blind Spot in AI Research", evidenziano come i dati utilizzati per l'addestramento delle reti neurali possano portare a bias razziali, di genere e culturali. Questi bias possono influenzare le decisioni prese dall'IA e avere impatti significativi sulla società.

Ma tutto questo sistema ansioso fomentato da giornalismo, spesso poco onesto è in realtà bilanciato da una spinta entusiasta che trova nel progresso un nuovo passo verso una opportunità per ripensare alla struttura socio-economica.

L'IA che può replicare e superare le capacità umane, suscita interrogativi profondi sulla nostra stessa identità. L’accelerazione del progresso medico da speranza nella risoluzione futura di problemi che ad oggi non hanno ancora una cura, le città Smart sono in fase di progetto e suggeriscono una struttura eco sostenibile, le macchine sembrerebbero una nuova forza lavoro a sostituzioni di azioni automatiche ed alienanti. Proprio quando pare che l’umanità sia a un passo da complessi equilibri ecologici che stanno cambiando, minacce pandemiche incombenti catastrofi e carestie dove la demografia porta ad una insufficienza produttivo-distributiva ecco che appare la luce di tekne che illumina una via alternativa. Il transumanista Nick Bostrom, in "Human Enhancement", esplora le implicazioni di un futuro in cui l'IA e la tecnologia potrebbero migliorare le capacità umane o addirittura superarle, portando a una sfida all'essenza stessa dell'umanità: l’essere umano evolve grazie alla tecnologia e per mezzo di essa. L’argomentazione di fondo è che l’evoluzione naturale non può spingersi da sola oltre confini che sono invece possibili - o comunque aperti - per la tecnologia e il progresso nel campo dell’artificiale.

È quindi imprescindibile il fatto che il progredire evolutivo dell’uomo coincida con il progredire di una evoluzione tecnologica, fino ad ammettere una compenetrazione delle dimensioni naturale e artificiale, ciò che ci contraddistingue è la capacità di generare il nostro stesso progresso, nel bene e nel male. Siamo perciò di fronte ad un nuovo cambiamento simile a quello che fu la rivoluzione industriale e ciò per essere assimilato e compreso, per poter avere una visione omogenea e attendibile è necessaria una stratificazione, un antropocene tecnologico che produca un nuovo disegno più ampio e connesso al livello successivo.

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